CLAUDIO DAMIANI, ENDIMIONE

Interno Poesia, Latiano (BR) 2019

di Stelvio Di Spigno
Claudio Damiani

C’è da sempre qualcosa di ancestrale e profondo nella poesia di Claudio Damiani, figura storica della poesia italiana e protagonista di quella stagione che a Roma ha visto nascere «Prato pagano» e «Braci». Già questa appartenenza rivela molto della riscoperta del poetico da parte dell’autore di Eroi, per l’ardire culturale di un ritorno al mito che metaforizza un rinnovato ascolto della voce poetica nella sua forma più pura, spontanea, creaturale.

Anche in questa ultima pubblicazione, Endimione, l’oggettivazione poetica è come affidata a un personaggio invisibile, trasfigurato, che con piglio narrativo enuclea poesia dopo poesia una riflessione sulle basi naturali dell’esistenza, anche a rischio di sembrare un Diogene inattuale, in cerca di una salvezza che proviene dalla conoscenza degli arcani dell’universo. All’interno di questo processo non mancano amare riflessioni esistenziali, moti improvvisi dell’animo, accensioni gioiose e catartiche, istanti di autentica poesia che illumina oggetti, ricordi, paesaggi del cuore, in una dinamica che è quella più tipica e consentanea alla voce di Damiani: un lento e progressivo sfogliare le ragioni dell’essere nel mondo che cattura il lettore con una contemplazione infinita, uno sguardo che si fa esso stesso bellezza, una volontà mai tradita di giustificare ogni evento discordante con l’incanto che la visione del creato e lo scandaglio della propria permanenza in esso innescano all’interno del discorso.

È l’esatta formulazione poetica di un autore al fuori delle scuole e delle mode, volontario eremita scrutatore che riversa in poesia il suo “fare anima” con l’alterità dell’essere che ci circonda, con le sue radici arcaiche, dando vita a un diagramma verbale parimenti misterioso, che tuttavia non perde in forza evocativa e lucidità. Endimione risulta essere uno dei miti più remoti e celati della folta mitologia greca. Ad esso è legato il tema del sonno, come se all’uomo fosse rimasto, per tornare alla sua altezza autenticamente umana, soltanto il sogno, l’inazione, la rinuncia, perché ogni suo atto – sembra suggerire Damiani – è sconsiderato e lo pone al di fuori del disegno della propria stabilita centralità.

Un piccolo libro, questo Endimione, dalla grade forza poetica, ci chiede di essere gustato con la lentezza del fraseggio che l’autore cadenza ribadendo ancora una volta la sua poetica, non perché ce ne fosse bisogno, ma per quell’istinto proprio dei poeti più veri, che sanno essere se stessi al di là di dubbi e delusioni, raccontando di come prendono sulle spalle l’intero mondo per porgerlo “fonicamente” al lettore, senza compromessi, e certamente con quella grandezza eroica di chi riesce a scrivere sicuro che l’auscultazione più autentica del fenomeno poetico appartiene al cielo degli dei, anzi, per dirla con Damiani, ai Cieli celesti (come si intitola il suo ultimo libro di maggiore impegno pubblicato da Fazi nel 2016), piuttosto che al mondo globalizzato degli uomini.

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