DAFT PUNK, ANCORA UNA VOLTA (L’ULTIMA)

di Massimiliano Venturini
Daft Punk

I Daft Punk si sono sciolti. L’annuncio lo scorso 22 febbraio attraverso il video “Epilogue” pubblicato su Youtube e sulla pagina Facebook della band. Il duo parigino, celebre anche per l’anonimato celato dai loro caschi spaziali, era sulla scena internazionale dagli anni Novanta, protagonisti assoluti del French Touch.

Un fulmine a ciel sereno? Non proprio, visto che l’ultimo album di studio (Random Access Memories) risale al 2013. E perfino l’addio è un estratto di Electroma, del 2006. Forse, con molta onestà e un pizzico di nostalgia, l’alchimia di Thomas Bangalter e Guy-Manuel de Homem-Christo ha esaurito la propria “spinta propulsiva”.

Una scelta, quella di evitare enfatici proclami, molto in linea con lo stiloso anonimato scelto dai due musicisti secondo un’estetica che unisce Robert Wise, i coniugi Anderson, Bruce Bethcke e la sua teoria sul cyberpunk. Una parabola, quella degli “stupidi teppisti” ( così li definì la rivista Melody Maker agli esordi) che parte dal silenzio e si chiude circolarmente nello stesso punto, con picchi di eccellenza come la pietra miliare Discovery (2001) .

Il big bang risale al 1994 con il debut Assault. Ci sono più semi che germogli, la passione per tutti gli “acid” esistenti. Ma in filigrana, l’opera d’arte è già pronta ad apparire. E il seguito del 1996, Indo Silver Club, rilegge l’house anni Settanta con una nuova estetica futurista. Prove generali di rave insomma, in vista del decollo di Burnin l’anno seguente. Il giochetto degli irresistibili stop&go capaci di trasformare semplici riff e giretti in divertenti e contagiosi groove. E arriviamo a Discovery, astronave finalmente lanciata oltre i confini del sistema solare della club culture.

Dello stesso anno il fratellino Digital Love, tutto amore e dancefloor con un frammento di “I love you more” di George Duke del 1979 trasformata in sensuale, irresistibile elettro house. Passano gli anni e forse Derezzed (2010) è l’episodio della stanchezza. Tutto fuori tempo massimo per gli androidi umani troppo umani, che tornano in sé per pochi, pochissimi minuti a fronte di orchestrazioni ridondanti e ritmiche pacchiane.

E poi il 2013, le “memorie ad accesso casuale” che aprono le porte ad una eccezionale serie di hit (Get lucky e la sensuale Touch, vera luce in viaggio nel vuoto da otto anni). L’ultimo vero saluto, prima dell’esplosione e del nuovo viaggio “verso l’infinito e oltre”.

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